L’anno liturgico vede il culmine delle sue funzioni durante la Settimana Santa: sei giorni interamente dedicati alla commemorazione dei misteri della Passione, Morte e Resurrezione di Cristo.
Ogni paese, ogni città, ogni borgo cerca di ripercorrere i punti salienti dei riti antichi a suo modo ed è bello scoprire tutte le varianti che un territorio sa offrire.
Nel Salento la Settimana Santa viene vissuta con molta partecipazione da tutti e ognuno, nel suo piccolo, riesce a darne un’interpretazione originale per far sì che diventi un momento di raccoglimento e preghiera da vivere con l’intera comunità. Cotanto spettacolo spesso si trasforma in una vera e propria attrazione turistica.
Passeggiare per i borghi Gallipolini nei giorni della Settimana Santa rievoca vecchi riti e usanze ormai in disuso in troppe parti d’Italia, lì dove il business e la tecnologia non lasciano spazio ad antiche funzioni.
La Madonna e lo stesso Cristo morto vengono commemorati in lunghissime e spettacolari processioni notturne e diurne, il Santo Sepolcro viene commemorato assieme all’Ultima Cena in un pellegrinaggio continuo che tocca tutte le Chiese del territorio e l’aria di penitenza si respira in ogni dove.
Nella maggior parte dei paesi e dei borghi salentini i riti religiosi cominciamo già dal lunedì e si intensificano in maniera graduale fino a toccare l’apice della prostrazione in ricordo del Cristo Morto il Venerdì Santo, per poi esplodere in una festa gioiosa il Sabato a mezzogiorno quando i parroci si lasciano andare ad un festoso scampanio che ricorda a tutti la resurrezione del Cristo. La messa della resurrezione viene celebrata durante il Sabato sera: qui il sacro si mesce al profano e i bambini escono festosi dalle Chiese per correre a casa ad aprire le consuete uova di Pasqua.
I riti della Settimana Santa necessitano di una preparazione attenta e puntuale che consta dell’organizzazione non solo delle parrocchie ma anche dei parrocchiani. Ed è così che nelle case le famiglie preparano ancora il cosiddetto “piattu pe lu sibburcu” che consiste in un piattino di grano lasciato germogliare al buio che andrà ad adornare il Sepolcro. Ma il momento più suggestivo dell’intera Settimana Santa è certamente la processione del Venerdì: ogni paese cerca di personalizzarla a suo modo.
A Gallipoli, ad esempio, la processione, detta de “L’Urnia”, inizia il venerdì pomeriggio e si protrae sino alle notte alle 2, caratterizzata dalla sfilata dei penitenti scalzi e dei confratelli che sono soliti percuotersi con “disciplina”, un antico strumento di tortura.
La sfilata dei confratelli rappresenta una costante in queste processioni religiose ed, infatti, sono proprio i confratelli che, sfilando ordinatamente con gli abiti di diverso colore, arricchiscono la processione del Venerdì Santo di Galatina. Migliaia sono i fedeli che ogni anno seguono la processione e che cercano di perpetrare i riti del Santo periodo.
Tra i personaggi tipici di questo periodo non può non citarsi la cosiddetta “quaremma”, un fantoccio che rappresenta una donna anziana, dalle fattezze rozze e poco piacevoli alla vista, che reca in mano una conocchia e una mela amara nella quale sono infilzate sette penne.
La tradizione vuole che il fantoccio venga tenuto in casa per tutto il periodo della Quaresima e che ogni settimana venga sfilata una penna dalla mela, l’ultima penna deve essere sfilata il giorno di Pasqua, momento in cui il fantoccio viene bruciato nel camino. Chi non dispone un camino, in genere, cosparge la “quaremma” di petardi facendola saltare in aria.
Galatina commemora anche, seppur negativamente, la statua del “Pati Paticchia” (dal greco Pathos, patire) che rappresenta colui che flagellò il corpo di Cristo sulla croce. Prima la statua veniva esposta ma visto che i fedeli erano soliti percuoterla o danneggiarla, volendo punire il flagellatore di Cristo, ora l’esposizione non viene più fatta.
Da ultimo è interessante ricordare i riti della Grecìa Salentina, nei paesi che ne fanno parte è tradizione commemorare “Santu Lazzaru” o meglio dar vita ad una serie interminabile di litanie in griko che accompagnano la processione della Domenica delle Palme, momento in cui le palme e i rami di ulivo vengono benedetti per poi essere messi in casa per tenere lontane le malattie.
Anche Lecce, la bella città barocca, commemora a dovere la Settimana Santa, seppur con riti e festeggiamenti più ibridi e mescolati con il lato profano del periodo.
Il raccoglimento inizia la Domenica delle Palme che è la domenica che precede il giorno di Pasqua: in alcune parrocchie si usa ancora fare una breve processione in cui i fedeli sfilano con rami d’ulivo e palme in attesa della benedizione da parte del parroco e la successiva funzione in cui si commemora l’arrivo del Cristo a Gerusalemme. Ma se questa è una commemorazione festosa, non si può dire lo stesso per i giorni che precedono la Pasqua: Giovedì e Venerdì Santo.
Il Giovedì Santo è il giorno in cui viene commemorata l’ultima cena: tutte le parrocchie allestiscono un “Sepolcro” differente ed originale, facendo quasi a gara per accaparrarsi il giudizio favorevole dei visitatori. Le strade del centro storico leccese sono gremite di fedeli e turisti che silenziosamente, finite le funzioni, si recano in visita nelle chiese per dire una preghiera e osservare il Sepolcro. Il silenzio all’interno delle chiese è sacrale e suggestivo e, talvolta, i parroci optano per una costruzione scenica buia che nella penombra vuole quasi ricordare il momento di tristezza e di raccoglimento.
Il venerdì è il giorno della processione che commemora la Via Crucis e cioè il percorso che Gesù fece prima di giungere sul monte in cui era stata posta la croce dove avrebbe trovato la morte.
Ogni parrocchia organizza una propria processione, alcune scelgono di rimanere all’interno delle mura della Chiesa, altre, invece, creano un vero e proprio corteo, scandito da canti che commemorano la Passione di Cristo e litanie varie, volte quasi a ritmare il lento percorso tra le 13 stazioni.
Il Sabato, infine, si commemora la resurrezione del Cristo, le Chiese del capoluogo annunciano il momento gaudio con il suono festoso delle campane e i fedeli seguono la messa in Chiese sempre più gremite: il momento in cui si accendono tutte le luci delle Chiese e il coro canta l’Alleluja è sempre molto suggestivo.
La tradizione salentina riesce ad ammaliare il visitatore in tutti i periodi dell’anno, consentendo di fruire delle bellezze naturali, paesaggistiche ma anche storiche e culturali in ogni momento.