Il paesaggio del Salento è il frutto di una lunga storia e di una altrettanto ricca cultura.
Nei luoghi, nelle terre e nei paesi si trovano i segni del passaggio di chi in passato le ha dominate.
Il Salento è anche composto da pittoreschi paesaggi rurali, fatti di grandi terre coltivate che si alternano ad immense distese di uliveti, appezzamenti di terra, tutti delimitati secondo il volere della tradizione, da lunghi muretti a secco. In questi posti lo sviluppo ed il progresso, non sono riusciti ad inquinare la campagna, conservando così un’atmosfera d’altri tempi dove tutto è semplice e famigliare.
Frutto di secoli di storia contadina, qui oggi la campagna è ancora fortemente ancorata ad usanze e tecniche di coltivazione provenienti da un remoto passato di sfruttamento feudale purtroppo persistito troppo a lungo. Inoltre a questa arretratezza tecnica si deve aggiungere la costituzione litografica del terreno e la forte presenza di calcare compatto nel suolo che hanno da sempre ostacolato cospicue attività agricole redditizie.
Il calcare nel Salento, va precisato, non è stato del tutto dannoso, in quanto è stato utilizzato come materiale edilizio per secoli, contribuendo dunque a caratterizzare il paesaggio del Salento.
Nel corsi dei secoli si sono succeduti pagghari, frulli, furni, furneddhi, caseddhe, liane, chipuri e calavaci, come frutto dell’intenso lavoro dei contadini. Le stesse terre sono state maestralmente bonificate e rese produttive, suddivise in piccoli appezzamenti da bassi e tortuosi muretti a secco fatti di sassi che i contadini raccoglievano in mezzo ai campi per creare i confini delle loro terre.
Il fatto che per moltissimi anni la campagna del Salento è rimasta disabitata, in quanto i braccianti preferivano fare i pendolari tra il lavoro nei campi e gli insediamenti urbani, ha contribuito a rendere questi luoghi di lavoro specchi della civiltà contadina del Salento che utilizzava i propri materiali poveri per realizzare capolavori di suprema bellezza.
Nella città, come nella campagna, quindi ci si è impegnati a rendere confortevole gli spazi urbani e soprattutto ad abbellire le facciate dei palazzi e delle chiese con la pietra leccese intagliata in fantastici ghirigori barocchi.
Il pendolarismo purtroppo se da un lato prettamente economico ha frenato lo sviluppo industriale e agricolo soprattutto nel basso Salento, dall’altro ha favorito la nascita di tanti piccoli paesini che ancora oggi costituiscono il patrimonio culturale e la caratteristica del Salento.
Si è costituita così come elemento architettonico tipico delle campagne salentine la Masseria come luogo di aggregazione umano e lavorativo basato sulle antiche strutture dei latifondi meridionali.
Le Masserie Salentine sono la testimonianza del divario sociale che da sempre ha caratterizzato la popolazione del Salento, la divisione tra piccoli proprietari terrieri e manodopera in questi luoghi trova una forzata convivenza.
Anche se il termine “masseria” si è, oggi, allargato a inglobare tutti i tipi di abitazione rurale, anche la più semplice e rozza, in origine esso indicava una tenuta agricola ampiamente strutturata in varie attività redditizie.
Le attività agricole tipiche delle masserie sono la pastorizia e la coltivazione dei cereali; in generale una masseria di medie dimensioni nel Salento non superava i 500 ettari di estensione.
Le masserie, dunque, trovavano manodopera nei paesi vicini, sviluppando di conseguenza determinate caratteristiche architettoniche. Essendo, infatti, luogo di dimora solo del proprietario terriero e della sua famiglia, gli ambienti della masseria si riduco ai pochi necessari alle esigenze di un unico nucleo famigliare. Tutti gli spazi si riducono in dimensioni, dal magazzino ai luoghi di lavorazione delle materie prime.
Nel corso degli anni quindi le masserie si sono trasformate in base alle esigenze lavorative del momento.
L’edifico delle masserie del Salento, generalmente, si presenta esternamente come una fortezza, protetta da alti muri e da torri di avvistamento su cui comunque trovano spazio decorazioni e abbellimenti lapidei.
Questi piccoli gioielli architettonici rurali rispecchiano abitudini ed esigenze di tutto il territorio del Salento, luogo dove gli uomini hanno sempre dovuto difendersi dagli attacchi stranieri.
Visto che a partire dalla fine del Medioevo e fino a tutto l’Ottocento c’è sempre stata la necessità di difendersi dalle minacce dei pirati, dei saraceni e dei turchi, di conseguenza l’aspetto paesaggistico è mutato e ha assunto una particolare morfologia che ancora oggi lo contraddistingue. Partendo dalla difesa delle coste fino ai castelli fortificati dell’entroterra, tutto un popolo sentì la necessità di difendersi e di proteggere la propria abitazione. Ecco allora che anche le masserie, soprattutto lungo le zone costiere, adottarono nel loro piccolo i sistemi difensivi tipici dei castelli dei signori. Dopo aver subito, infatti, la terribile invasione dei turchi del 1480, e in seguito la distruzione di Castro e Marittima nel 1537 la gente inizia veramente ad aver paura, questi episodi segnarono profondamente i salentini, tanto da rimanere impressi nella memoria storica collettiva di tutta la gente del Salento. Gli episodi di violenza si susseguivano senza fine, nel 1537 fu distrutta Tricase, nel 1543 Presicce, dimostrando l’inefficacia dell’allora sistema difensivo dei Normanni e successivamente degli Angioini e degli Aragonesi. Solo in seguito l’allora Governatore Don Pietro Di Toledo, ordinò che fosse potenziato il sistema difensivo lungo tutte le coste del Salento. Furono costruite molte torri costiere e ricostruite quelle distrutte, le città e i paesi furono chiusi dentro possenti mura e furono eretti i primi castelli fortificati.
Nel 1537 Carlo V fece costruire il Castello di Lecce secondo le nuove esigenze territoriali e furono fortificate anche le masserie per evitare lo sfollamento dalle campagne e il successivo calo economico derivato dalla produzione agricola.
Queste strutture difensive riuscirono quindi ad attenuare i danni provocati dalle invasioni turche dei secoli successivi. Tra le più cruente ricordiamo l’invasione delle terre di Salve e Marciano nel 1617, quella del 1711 nel nord Salento che provocò il saccheggio della Chiesa di Santa Maria a Cerrate tra Squinzano e Torre Rinalda. Nel 1714 i turchi invasero San Cataldo, portando morte e distruzione e da lì si spostarono ad Acaya che invece grazie al suo sistema difensivo riuscì a salvarsi.
In pieno Cinquecento il Salento era quindi fortificato con torri costiere , torri-masseria, castelli, case –torri, che comunque solo in parte tranquillizzavano gli abitanti del Salento ormai terrorizzati dalle invasioni. Il pericolo era talmente alto da far vivere la popolazione in una paura costante. È in quest’epoca che viene infatti coniato il detto popolare “Mamma li Turchi” che ancora oggi a volte può capitare di sentire riecheggiare nell’aria ad indicare una situazione difficile.
Nonostante questa situazione di continua paura, nel 1700 la nobiltà salentina dimostra un estremo interessa ad incrementare la rendita fondiaria, questo fattore contribuì a modificare ulteriormente l’architettura rurale del territorio. Nacquero nuove masserie sugli antichi feudi di cui presero il nome. Ecco allora che sorge la Masseria Torrepinta a Galatina, la Masseria Tramacere a Leuca, a Nardò le masserie Ogliastro e Carignano, a Cutrofiano le masserie Petrore, quella Grande e quella Piccola.
Oggi sono giunte fino a noi ben 200 masserie fortificate che possiamo considerare come patrimonio culturale salentino, come bene collettivo da salvaguardare e proteggere perché testimone di tutta una storia sociale.
Le masserie del Salento sono delle strutture a pianta molto semplice, quasi sempre strutturate su due piani, che si impongono sulle campagne circostanti con i loro volumi maestosi e severi. La parte più importante del complesso è l’abitazione del massaro, accanto alla quale è addossata la torre di difesa detta Torre Masseria, elemento architettonico comune in tutto il sud Italia. Non vi è un’unica tipologia di torre massaria, essa si può presentare o come un volume alto ed essenziale o come una struttura molto elaborata elegante e decorativa. Negli impianti più semplici l’edificio torre diviene il fulcro delle attività contadine.
Assecondo dei casi, quindi, la torre può essere un edificio slanciato o tozzo, ciò dipende essenzialmente dalla grandezza del perimetro di base, in quanto l’altezza può raggiungere massimo i 15-16 metri. I muri perimetrali sono spessi al massimo 3 metri e sono aperti all’esterno tramite feritoie strombate. Alla base c’è un rinforzo strombato e a metà altezza un marcapiano che richiama esternamente la divisione interna. La torre massaria termina in alto con un terrazzo decorato con una serie di beccatelli e archetti e interrotto aritmicamente da caditoie e piombatoi. All’interno il soffitto è decorato con mensole sporgenti, bertesche a base quadrata o circolare e pulpiti agli angoli.
Le masserie, naturalmente, all’origine presentavano tutte un ponte levatoio che veniva sospeso sul fossato, oggi scomparso ovunque. La masseria in questo modo poteva essere facilmente isolata sollevando il ponte, ad esso si appoggiavano le scale esterne per accedere ai piani superiori che venivano facilmente rimosse in caso di bisogno per isolare i piani alti da possibili pericoli.
Nelle masserie più piccole il collegamento tra i piani della torre è fatto con una scala a pioli posta in una botola scavata nella centina. In altri edifici, invece, le scale erano ricavate nello spessore del muro e alla sua cima terminava con un ponte levatoio o porta levatoia che una volta chiusa internamente il collegamento col piano sottostante si interrompeva. Queste diversi sistemi difensivi sono stati il frutto di una evoluzione che ha cercato di venire incontro ai cambiamenti della vita degli abitanti.
Le prime strutture difensive infatti erano molto disagevoli in quanto prevedendo di raggiungere il secondo piano mediante una scala posta in una botola, si è cercato dunque di trovare soluzioni più idonee alle abitudini e agli usi della masseria ma che svolgessero comunque a pieno il ruolo difensivo alla prima occasione.
La scala esterna, per esempi, era una buona soluzione in quanto permetteva in caso di attacchi di attirare il nemico su questi passaggi obbligati tenuti sotto tiro dai piombatoi. Le masserie in cui il sistema difensivo è maggiormente intenso si trovavano naturalmente lungo le coste.
A livello di attività agricola, nel nord Salento, da Lecce e fino al confine con la provincia di Brindisi, le masserie erano caratterizzate dalla coltivazione dell’ulivo che ne influenzò di conseguenza la morfologia paesaggistica con la costruzione dei Trappetti sotterranei, praticamente i frantoi ipogei.
Sul versante ovest del Salento, da Nardò fino al confine con Taranto, l’attività principale delle masserie era la pastorizia. Qui le masserie presentano torri molto alte che padroneggiano sui pascoli. Accanto a questo troviamo anche le masserie di campo ma sia le prime che le seconde presentano in queste zone caratteristiche architettoniche molti semplici ma arricchite da decorazioni esterne molti appariscenti e in forte contrasto con la campagna circostante. Nel 1700 le masserie si ampliano nella struttura, inglobando torri, “curti”, capanne e le case della merce, cioè delle stanze molto grandi provviste di un focolare per la lavorazione del latte. All’esterno vengono costruite monumentali scale, piombatoi, garitte angolari e fertone come nei castelli.
Porte e finestre vengono decorate da cornici a bugnato e eleganti modanature, prese in prestito dai monumenti signorili della città, che rispecchiano tutta la volontà della classe nobiliare di sottolineare il suo ruolo di superiorità sul ceto povero dei contadini e aumentare il divario sociale. Particolarmente esplicito in questo senso è il ricco paramento decorativo della torre della Massera Giudice Giorgio classico esempio di sfarzo contadino in contrasto con la povertà delle campagne circostanti. La torre della Masseria Giudice Giorgio nasce nel XVI secolo, periodo in cui c’è un forte incremento imprenditoriale di alcune famiglie nobili della zona che intensifica il rapporto con la città e anticipa l’usanza di trasferirsi in campagna per il periodo estivo, che diverrà molto comune nel Salento, soprattutto in questa zona.
Nel sud Salento invece, tra Ugento e Santa Maria di Leuca, le masserie divengono più semplici nella struttura, prive di decorazioni e le loro torri estremamente essenziali nella linea, rispecchiando il rapporto più stretto con una campagna meno fruttifera e una terra più povera.